Egli traduce la sua percezione della natura umana in un universo signico primordiale complesso e articolato.
Ne deriva un linguaggio apparentemente criptico accessibile e traducibile dall'osservatore solo attraverso un profocndo lavoro di osservazione e introspezione.
Porsi di fronte alle opere di Docci significa approssimarsi alla storia e al vissuto contemporaneo dell'umanità osservandolo da una "prospettiva aerea", senza fragore, con la consapevolezza che l'arte può essere come nel suo caso, connubio perfetto tra rigore e inmpulso creativo, tra linguaggio archetipale e modenità espressiva.
Ne deriva un linguaggio apparentemente criptico accessibile e traducibile dall'osservatore solo attraverso un profocndo lavoro di osservazione e introspezione.
Porsi di fronte alle opere di Docci significa approssimarsi alla storia e al vissuto contemporaneo dell'umanità osservandolo da una "prospettiva aerea", senza fragore, con la consapevolezza che l'arte può essere come nel suo caso, connubio perfetto tra rigore e inmpulso creativo, tra linguaggio archetipale e modenità espressiva.
Roberto Borra
Il segno primordiale, la traccia di percorso umano ed esistenziale, tempo, memoria, passaggio, divengono scrittura e scolpiscono un alfabeto, talvolta consapevole o talora inconscio, di lettura, di suggestione profonda, di ritorno alle origini nella semplicità e nella comunicazione.
Arte e scrittura hanno animato sempre una stretta simbiosi, una dinamica di supporto, correlazione e complementarietà.
Si potrebbe ipotizzare persino una complicità di seduzione nella reciprocità di fascino e di dialogo. Pittura e scultura testimoniano quanto scritto nella Storia, nella Fede, nel cammino della speranza.
Chi non poteva leggere o non sapeva approfondire, comprendeva grazie alla maestosità dell'immagine.
Per contro, la scrittura, in tutte le sue forme, dapprima offriva all'arte la motivazione espressiva, poi ne traduceva e diffondeva i valori. La parola diveniva chiave di lettura per la comprensione di un'immagine e il dipinto svelava i concetti, percorrendo indifferentemente le strade del racconto oppure del simbolo. Oggi il connubio permane, eppure le motivazioni sono mutate. Dalla modernità, l'alfabeto entra nell'opera d'autore, ne diviene parte sostanziale, quasi sopperisce alla carenza narrativa. Ma in quella affermazione di presenza trova anche rifugio, un porto amico, un luogo sicuro ove ripararsi dal degrado e dall'estinzione. Generalmente estromessa dall'estetica, frantumata dai codici sociali, esonerata come la funzione intellettuale ormai considerata obsoleta, la parola trova conforto nell'opera d'arte.
Arte e scrittura hanno animato sempre una stretta simbiosi, una dinamica di supporto, correlazione e complementarietà.
Si potrebbe ipotizzare persino una complicità di seduzione nella reciprocità di fascino e di dialogo. Pittura e scultura testimoniano quanto scritto nella Storia, nella Fede, nel cammino della speranza.
Chi non poteva leggere o non sapeva approfondire, comprendeva grazie alla maestosità dell'immagine.
Per contro, la scrittura, in tutte le sue forme, dapprima offriva all'arte la motivazione espressiva, poi ne traduceva e diffondeva i valori. La parola diveniva chiave di lettura per la comprensione di un'immagine e il dipinto svelava i concetti, percorrendo indifferentemente le strade del racconto oppure del simbolo. Oggi il connubio permane, eppure le motivazioni sono mutate. Dalla modernità, l'alfabeto entra nell'opera d'autore, ne diviene parte sostanziale, quasi sopperisce alla carenza narrativa. Ma in quella affermazione di presenza trova anche rifugio, un porto amico, un luogo sicuro ove ripararsi dal degrado e dall'estinzione. Generalmente estromessa dall'estetica, frantumata dai codici sociali, esonerata come la funzione intellettuale ormai considerata obsoleta, la parola trova conforto nell'opera d'arte.
Claudio Rizzi
Le opere paiono vibrare per le emozioni profonde che l’autore vi ha imprigionate, lasciandone trasparire la primitiva drammaticità.
Come in un gioco nuovo, Docci è andato a caccia di sentimenti frugando nelle pieghe dei rapporti tra gli umani, ne ha catturato le sfumature più ancestrali, per poi fissarle sulla tela, impastandole con tinte morbide e discrete e sfumando gli spigoli della paura per renderli innocui. Nei volti opalescenti, nei nudi che indulgono lontanamente alla lascivia, persino nei ritratti di Docci trapela l’incertezza della condizione umana, che a nulla riesce ad ancorarsi, neppure alla passione amorosa, fugace come il tempo che scorre come una veloce strisciata di pennello.
Una perfetta armonia regna nelle tele, sorprendente in quanto vi si trovano, e convivono, le più contrastanti tonalità: tinte calde e fredde, colori complementari, particolari ben definiti striati da vere e proprie sgocciolature di colore.
I dettagli perfettamente rappresentati, come tutto ciò che è rifinito alla perfezione, simbolo della certezza che talvolta sembra accompagnare la coscienza come un riferimento certo, accentua il messaggio legato alle sbavature, alle macchie lasciate cadere sulla tela, come il destino e l’ignoto sciupano talvolta, con noncurante disinvoltura, speranze e illusioni, fatiche e progetti accarezzati dagli uomini per anni, stravolgendoli e rendendoli irriconoscibili nonché inutili.
Come in un gioco nuovo, Docci è andato a caccia di sentimenti frugando nelle pieghe dei rapporti tra gli umani, ne ha catturato le sfumature più ancestrali, per poi fissarle sulla tela, impastandole con tinte morbide e discrete e sfumando gli spigoli della paura per renderli innocui. Nei volti opalescenti, nei nudi che indulgono lontanamente alla lascivia, persino nei ritratti di Docci trapela l’incertezza della condizione umana, che a nulla riesce ad ancorarsi, neppure alla passione amorosa, fugace come il tempo che scorre come una veloce strisciata di pennello.
Una perfetta armonia regna nelle tele, sorprendente in quanto vi si trovano, e convivono, le più contrastanti tonalità: tinte calde e fredde, colori complementari, particolari ben definiti striati da vere e proprie sgocciolature di colore.
I dettagli perfettamente rappresentati, come tutto ciò che è rifinito alla perfezione, simbolo della certezza che talvolta sembra accompagnare la coscienza come un riferimento certo, accentua il messaggio legato alle sbavature, alle macchie lasciate cadere sulla tela, come il destino e l’ignoto sciupano talvolta, con noncurante disinvoltura, speranze e illusioni, fatiche e progetti accarezzati dagli uomini per anni, stravolgendoli e rendendoli irriconoscibili nonché inutili.
Patrizia Prato
Ai suoi volti carichi spesso di dolente dolcezza e malinconia.
Volti ambigui.
Volti Fragili di donne.
E di uomini logorati e consunti.
L’artista ne coglie i sentimenti più riposti, con colori tenui e delicati, sapientemente modulati. Un artista inquieto sensibile e raffinato che sa rappresentare e raffigurare con delicata partecipazione le inquietudini del tempo moderno.
Volti ambigui.
Volti Fragili di donne.
E di uomini logorati e consunti.
L’artista ne coglie i sentimenti più riposti, con colori tenui e delicati, sapientemente modulati. Un artista inquieto sensibile e raffinato che sa rappresentare e raffigurare con delicata partecipazione le inquietudini del tempo moderno.
Sabino Vona
Trattiene una carica espressiva inquietante la narrazione suggerita entro un repertorio segnico tipico che l’artista introduce, a siglare un tempo indefinito.
Con tali mezzi espressivi la scrittura visiva si allontana sempre più dall’estetica delle forme, per rintracciare l’intricarsi drammatico dell’esistenzialità.
Si risente un’intensa emotività nel colore che lascia sfuggire la realtà, per prendere le insondabili vie dell’interrogazione più sofferta, nello scompaginarsi a intersezioni dei volti.
I lavori più recenti del pittore milanese si dimensionano in una visione onirico-espressionista, popolata da personaggi sfuggenti, fissati tra sgocciolature di pigmenti e graffi sulla superficie pittorica, divenuta campo libero per l’inconscio.
Con tali mezzi espressivi la scrittura visiva si allontana sempre più dall’estetica delle forme, per rintracciare l’intricarsi drammatico dell’esistenzialità.
Si risente un’intensa emotività nel colore che lascia sfuggire la realtà, per prendere le insondabili vie dell’interrogazione più sofferta, nello scompaginarsi a intersezioni dei volti.
I lavori più recenti del pittore milanese si dimensionano in una visione onirico-espressionista, popolata da personaggi sfuggenti, fissati tra sgocciolature di pigmenti e graffi sulla superficie pittorica, divenuta campo libero per l’inconscio.
Fabrizia Buzio Negri
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